Non può che determinare ottimismo la notizia diffusa dal Sole 24 Ore dell’aumento, considerevole, del traffico Container del Porto di Gioia Tauro; anche perché questo dato arriva al tramonto di una fase storica per l’economia mondiale. Una ‘movimentazione’ aumentata del 40% rispetto al primo semestre del 2019; collocandosi ai livelli dei porti di Rotterdam, Anversa, Shangai e Tangeri.
La pandemia infatti avrebbe potuto incidere negativamente come è stato per quasi la totale restante parte dei comparti economici e commerciali. Ma per il Porto di Gioia Tauro, così non è stato. Dunque onore al merito, a chi – management e maestranze – ha saputo penetrare (invertendola) la tendenza che ha fatto registrare una crisi economica epocale.
Tra i porti del Mediterraneo, senza dubbio quello di Gioia Tauro è il più importante per infrastrutture, posizione strategica e dunque per efficienza; ragion per cui, sta assumendo sempre più la leadership nell’Europa meridionale. Il lavoro di riqualificazione e rilancio ha dato i suoi frutti, grazie all’ammodernamento del parco mezzi, alla demolizione di tre gru di banchina obsolete, al miglioramento delle banchine e di alcuni fondali al fine di rendere più agevoli e sicure le manovre delle navi che arrivano, le quali, in considerazione delle grandi dimensioni, hanno bisogno di una profondità di almeno 16 metri. Un complesso programma di sviluppo – come riportano i media regionali – che certamente servirà a rendere il porto maggiormente competitivo. Ma per essere costantemente competitivo rispetto alle sfide alle quali l’economia globali chiama, il Porto deve essere inteso anche come volano per la Zes, altrimenti lo sguardo verso il futuro sarà di relativa gittata.
La zona economica speciale, guidata da un comitato di indirizzo composto dal presidente dell’autorità portuale e da un team di esperti, deve valorizzare le enormi potenzialità del porto, attraverso la semplificazione dei procedimenti amministrativi per le aziende investitrici e al contempo, garantire l’esecutività dell’impatto delle misure agevolative in termini di defiscalizzazione e intercettazione di finanziamenti per e sul territorio dell’intera area.
La Zes, frutto di un’idea politica istituzionale dedicata al mezzogiorno, è finalizzata ad incentivare insediamenti imprenditoriali, per far crescere l’infrastruttura marittima e il suo indotto.
Ma oggi parlare della ZES non vorremmo potesse apparire come l’ennesima incompiuta del nostro territorio, piuttosto vorremmo invece, potesse essere percepita come un volano di sviluppo concreto. Ciò che si percepisce è che, ad oggi, molti sono i ritardi e le perplessità che evidenziano le contraddizioni che – ci chiediamo – sono da ascrivere solo alla governance delle ZES?
Al momento, così com’è oggi strutturato il Comitato di Indirizzo appare quasi ingessato, non svolgendo un ruolo di sprone in grado di incidere a favore della modernizzazione industriale delle aree ZES ma dopo tutta la foga pubblicitaria della istituzione pare sul tema che anche il governo non dia input perlomeno non evidenti; lo strumento è invece appetibilissimo per il Paese soprattutto oggi nella fase post Covid-19.
L’attuale meccanismo di incentivi della Zes prevede il credito d’imposta per i grandi gruppi industriali che fatturano miliardi di euro dunque in una visione che veda la Zes di Gioia Tauro incastonata in un sistema paese che attui scelte di politiche industriali soprattutto oggi con l’ arrivo dei miliardi del Recovery Fund, noi pensiamo potrà essere un importante viatico per la ripresa economica del Paese non trascurando che anche la piccola e media impresa locale potrebbe avere un futuro serio che crei occupazione vera, quella che potrebbe rilanciare l’area di Gioia Tauro e non solo. Il nostro territorio ha bisogno di un’economia reale in grado di incidere concretamente nelle casse dei piccoli imprenditori affinché possano essere datori di lavoro di giovani altamente formati a questo proposito apprezziamo la vision del ‘Cefris’ che si sta attrezzando in questa direzione.
Occorrono reti, occorre un patto sociale affinché anche con Città Metropolitana e Regione Calabria si facciano interventi mirati a riqualificare la parte logistica ad oggi potenzialità inespressa. Con la riqualificazione di capannoni oggi in disuso e con la attivazione di vie di collegamento ad oggi poco curate e poco accessibili al resto della Calabria. Dalla zona ionica reggina al resto del territorio regionale, le infrastrutture stradali e non solo sono da adeguare.
L’area di Gioia Tauro deve inoltre, essere ben connessa all’aeroporto di Reggio (la cui non/fruibilità aprirebbe un altro tema scottante) e con quello di Lamezia e Crotone, proprio per essere in grado di attrarre l’attenzione e la convenienza di investitori che non ‘sentano’ lontano geograficamente ed economicamente un polo strategico come il Porto di Gioia Tauro.
La Zes – e il suo futuro – saranno il termometro delle opportunità per nuova occupazione e una fattiva crescita del lavoro competente. Senza questa prospettiva, anche la positiva attività di gestione della struttura Porto, rischia di essere contingente e non poter fare da moltiplicatore, senza politiche economiche di accompagnamento e sostegno all’indotto che essa genera invece la Zes potrebbe essere la chiave di volta. Non bisogna perdere questa occasione di futuro e si può fare assieme, in una rete pattizia di volontà reali al servizio del territorio metropolitano.