Mezzo milione di lavoratori rischiano di perdere il posto. La stima è stata fatta dal segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. «Secondo fonti governative – ha dichiarato il sindacalista concludendo i lavori del consiglio generale della confederazione Toscana – ci sono 500mila lavoratori a rischio nel 2021, che andrebbero ad aggiungersi al milione di disoccupati dell’ultimo anno. Non c’è settore che sia fuori pericolo, e non è sbloccando i licenziamenti che creeremo le condizioni di ripartenza». Al ministro del Lavoro Andrea Orlando e al governo – ha aggiunto Sbarra – «chiediamo massima coesione, con la proroga generalizzata del blocco dei licenziamenti almeno fino alla fine dell’emergenza sanitaria». Secondo il sindacalista «vanno prioritariamente fatte partire riforme e investimenti, va costruita una architettura di protezione e promozione che non lasci mai priva la persona di reddito, formazione, orientamento nel mercato del lavoro. Occorre consolidare la Naspi, rilanciare contratti di espansione e di solidarietà, rendere universali gli ammortizzatori ed efficaci le politiche attive».
Lo studio: a rischio oltre 73 mila imprese
Sono 73.200 le imprese italiane tra 5 e 499 addetti, il 15% del totale, di cui quasi 20 mila nel Mezzogiorno (19.900) e 17.500 al Centro, a forte rischio di espulsione dal mercato. Di queste, una quota quasi doppia riguarda le imprese dei servizi (17%), rispetto alla manifattura (9%). Sono quelle che hanno forti difficoltà a «resistere» alla selezione operata dal Covid come risultato di una fragilità strutturale dovuta ad assenza di innovazione (di prodotto, processo, organizzativa, marketing), di digitalizzazione e di export, e di una previsione di performance economica negativa nel 2021. Le valutazioni sono il frutto di una ricerca congiunta Svimez-Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere, condotta su un campione di 4 mila imprese manifatturiere e dei servizi tra 5 e 499 addetti.
Colmare il ritardo digitale del Sud
«Oltre a una differenziazione marcata tra Nord Est e Nord Ovest – commenta il direttore Svimez Luca Bianchi – dall’indagine emerge anche la fragilità di un Centro che si schiaccia sempre più sui valori delle regioni del Sud. I diversi impatti settoriali, con la particolare fragilità di alcuni comparti dei servizi, impongono una nuova fase di interventi di salvaguardia specifica dei settori in maggiore difficoltà, accompagnabili con specifiche iniziative per aumentare la digitalizzazione, l’innovazione e la capacità esportativa delle imprese del Centro-Sud». A preoccupare di più è la situazione nel Mezzogiorno. «È possibile che le imprese del Mezzogiorno possano conseguire quest’anno risultati ancora piu’ negativi rispetto alle loro aspettative – avverte Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne – perché meno consapevoli dei propri ritardi accumulati sui temi dell’innovazione e del digitale. Anche per questo c’è bisogno di un patto per un nuovo sviluppo che tenga conto della gravità della situazione e del preoccupante aumento dei divari nel nostro Paese».