Un quadro allarmante quello proposto dall’Inapp, che mette in evidenza le debolezze e le fragilità di un mondo del lavoro sempre più colpito dal virus della precarietà. Ma non bisogna confondere questo morbo con forme buone e negoziate di flessibilità, come il contratto a termine e in somministrazione, che restano determinanti specialmente nelle fasi di ripartenza come l’attuale per far emergere il lavoro sommerso con assunzioni di qualità, ben tutelate e contrattualizzate».

Lo afferma il segretario generale Cisl, Luigi Sbarra, commentando i dati del rapporto Inapp.

«L’andamento della qualità occupazionale in Italia sconta proprio questa sostituzione. La flessibilità è diventata precarietà perché negli anni si è mortificata la contrattazione, si è sostituita la legge alle relazioni industriali, non si sono debitamente combattuti falsi contratti di collaborazione, tirocini e part-time fasulli o, peggio, lavoro nero o grigio. E poi la crepa più grande: quella di un sistema di ammortizzatori e politiche attive assolutamente inadeguato ed incapace di coprire in modo universale tutti i lavoratori assicurando costante sostegno al reddito, riqualificazione ed incontro tra domanda ed offerta».

«Tutto questo, amplificato dalla mancanza di adeguati investimenti, ha prodotto una drammatica frammentazione del mercato del lavoro che nessuna norma di legge può oggi magicamente sanare. Serve vero affidamento alla buona contrattazione ed ai rapporti sociali ed industriali, innovazioni concertate che promuovano il lavoro stabile, rendendolo più conveniente rispetto a quello a termine, sostenendo l’apprendistato come forma privilegiata di ingresso nel circuito produttivo. Ma contemporaneamente, specialmente in questa fase, bisogna anche aprire alla buona adattività contrattata, supportandola con un ombrello solido che protegga le persone durante ogni transizione lavorativa», conclude.