Celebriamo questo primo maggio in un momento molto complesso, carico di tensioni nazionali e di questioni sociali territoriali che ci obbligano a delle riflessioni profonde. E lo facciamo in procinto di una scadenza elettorale importante come quella del rinnovo del Parlamento europeo. Un percorso importante per la costituzione dell’Europa politica, che in realtà è un sogno ancora da compiere, considerando che il continente europeo è in profonda crisi economica e istituzionale che pure necessita superare al più presto consolidando un’Europa dei popoli, del lavoro, della solidarietà.
In un tempo in cui tornano i muri, torna la violenza, l’intolleranza; e il vento di nuovi autoritarismi pare soffi forte, solo un alto senso delle istituzioni può dare le risposte giuste alle insicurezze e alla solitudine delle nostre comunità. In questo contesto nazionale il tema del lavoro è stato invece relegato all’ultimo posto delle priorità politiche, svilito.
La Costituzione Italiana pone il lavoro a fondamento della Repubblica, perché considera la persona – la sua libertà, la sua partecipazione creativa, il suo sviluppo integrale – come il perno della società, come il centro dell’ordinamento, come la misura delle sue regole.
Il lavoro è quel valore su cui è stato ricostruito il Paese, un pilastro portante della storia democratica, del nostro vivere comune, ma fortemente messo in discussione da decenni di politiche miopi e lontane dalle vere urgenze della nostra gente.
Non è superfluo ricordare che il lavoro è dignità; è emancipazione, è sinonimo di serenità. Va difeso e valorizzato nella sua massima accezione di nobiltà. Donne e uomini che hanno fatto la storia d’Italia hanno sacrificato le loro vite e tutte le loro passioni per lasciarci un messaggio indelebile: la tutela del lavoro e dei lavoratori è un ‘occasione di civiltà. E come tale necessita considerarla soprattutto al giorno d’oggi, in cui invece assistiamo , immersi nel grande progresso tecnologico ed innovativo, ad un'” idea” del lavoro molto” parlata” e poco realizzata.
L’impegno al quale siamo chiamati non è solo di rappresentanza, ma di responsabilità e salvaguardia di presupposti democratici sacri come la partecipazione, il rispetto per l‘ altro, la tolleranza, la difesa dei più deboli. E in questa sfida non dobbiamo sottrarci al confronto permanente con le istituzioni e con lo Stato, affinché nessuno resti indietro. Oggi più che mai abbiamo bisogno di uno stato sociale forte e credibile.
D’altro canto, dobbiamo continuare, attraverso il nostro mandato di delega, a porre inequivocabilmente il lavoro al centro della discussione politica, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale e locale. Il nostro sforzo e la nostra attività ci verranno riconosciute se saremo in grado, con energie positive, di dimostrare che le cose possono cambiare, se c’è una visione del futuro e una forte comunione d’intenti, per arrestare la deriva verso la precarietà e l’instabilità. Troppo spesso sentiamo parlare di lavoro come se fosse una variabile indipendente, ma non può e non deve essere così. Il lavoro è un fatto concreto e tangibile, è la sintesi dei sacrifici di donne e uomini in carne e ossa che faticano, e combattono con le più svariate contraddizioni che il contesto lavorativo stesso genera.
Ma il lavoro – ve lo dice una donna del sud più estremo del Paese – è anche il sogno di tanti giovani costretti a lasciare la propria terra, per cercare una possibile realizzazione lontana dagli affetti più cari. Troppo spesso assistiamo ad un’emigrazione professionale come scelta obbligata.
È inaccettabile e a tratti deprimente vedere migliaia di giovani italiani lasciare la nostra terra ed il Paese. Anzi, dirò di più: esistono giovani che “mortificano” le loro professionalità accettando lavori in qualsiasi settore, scelta dignitosa e onesta ma quante potenzialità vengono sottoutilizzate nella nostra terra? dobbiamo essere in grado di concretizzare un piano straordinario per l’occupazione giovanile, con politiche attive mirate che non creino bacini di eterni stagisti, tirocinanti o apprendisti. Un piano straordinario per l’occupazione preceduto da una forte programmazione in settori chiave per attrarre investimenti, per tal ragione vogliamo interloquire con un Governo ai vari livelli che sappia valorizzare aziende e imprese che puntano alla qualità, del lavoro, del prodotto e dei servizi e sdegniamo apertamente la logica della riduzione dei costi e dei diritti (naturalmente coniugati con i doveri).
E in questo percorso di impegno collettivo e di lavoro sinergico, sono orgogliosamente convinta che la scelta della Manifestazione Nazionale Unitaria Cgil, Cisl;Uil, del 22 giugno prossimo che si terrà a Reggio Calabria, possa e debba rappresentare un segnale importante per l’intero Paese oltre che per il Mezzogiorno. La mia città accoglierà l’evento prendendosi il carico dell’alto valore simbolico e ,auspichiamo reale, che esso racchiude. In una terra lacerata ed ad oggi sfregiata, ma vissuta e amata da tanti cittadini onesti e laboriosi, Cgil, Cisl e Uil ci mettono la faccia.
Potranno – all’unisono – dire al Governo che il tanto decantato cambiamento, a queste latitudini e non solo, non si vede, non si percepisce. E a farne le spese sono le fasce deboli, sempre più numerose visto che oggi la forbice ricchi/ricchissimi, poveri/ poverissimi diventa sempre più larga. Oggi celebriamo il lavoro e la risposta del reddito di cittadinanza crediamo abbia, ad oggi, solamente creato dei relativi sollievi, originando una platea di fruitori molto ristretta rispetto alle aspettative, rispetto alla domanda di bisogno che una considerevole porzione di Paese stava avanzando. Per un completo affrancamento dal disordine e dal disorientamento occorre lavoro, non solo assistenza che pure ci deve essere nei casi in cui necessita, ma non assistenzialismo, che tiene sotto giogo e mortifica le intelligenze!
Il lavoro consente di vivere con onorabilità, decoro e dignità; permette di contribuire al benessere di tutti, concede la possibilità di passare il testimone della vita alle generazioni future. Come ogni sacrosanto diritto, accoglie anche doveri. Questa è la congiunzione che rende i cittadini partecipi del bene comune. Il lavoro richiama costantemente la questione della sicurezza sociale, e del welfare, che va continuamente adeguato ai nuovi bisogni delle comunità territoriali per poter assicurare l’universalità dei diritti dei cittadini. Buon Primo Maggio.