Si è svolto nella segreteria provinciale il Consiglio generale della Cisl Medici, nel quale gli onori di casa sono stati formulati da Rosy Perrone, Segretaria Generale Ust Cisl Metropolitana, sempre attenta all’evoluzioni del comparto sanitario provinciale, attraverso un monitoraggio costante e una ‘task force’ creata ad hoc per seguire effettivamente le criticità dell’intero sistema, da anni in balia di commissariamenti ed inefficienze. “La nostra Cisl medici è una federazione ben strutturata – così ha esordito nei saluti introduttivi Perrone – ha dirigenti sindacali in grado di aggredire crisi articolate come quella della sanità reggina. Certo è, che necessita un immediato impegno di confronto da parte della Asp e dell’ A.O. metropolitana attraverso la promozione, proponiamo in prefettura, di un tavolo permanente sulla sanità che coniughi esigenze di legalità con risultati immediati; sia nell’applicazione dei dispositivi di organizzazione interni che delle assunzioni e stabilizzazioni, che nei servizi al cittadino utente ,in una proposizione e di crescita condivisa tra pubblico e privato. Medicina del territorio, ospedali hub in grado di affrontare le emergenze ed una rivisitazione del ‘decreto Calabria’ che così come strutturato, ad oggi, ha creato blocchi e disarticolazioni anche nell’ assegnazione di incarichi di responsabilità irrigidendo in modo inesorabile un processo di miglioramento. Da subito necessita che il ministro Speranza dia un segnale di apertura al confronto e inauguri una nuova stagione di concertazione sanitaria a tutti i livelli”.
Ha partecipato ai lavori anche il Segretario generale regionale Nino Accorinti – “I problemi che riguardano la sanità reggina sono quelli che attanagliano l’intera regione, condizionandone funzionalità ed efficienza. Per questo, la nostra organizzazione deve lavorare in sinergia ed unità per creare un fronte comune rispetto ad una crisi che sta abbassando la qualità della vita dei calabresi.”
Il Segretario provinciale Cisl Medici Pasquale Romeo ha evidenziato l’assoluta necessità di trovare una sintesi ed un raccordo tra azienda ospedaliera e azienda territoriale – “Notiamo un evidente scollamento tra azienda ospedaliera e territoriale. Il commissariamento ha aumentato questo gap piuttosto che diminuirlo. Assistiamo ad incredibili storture da parte dei commissari di governo. Per questo noi li talloniamo e gli stiamo addosso perché siamo dirigenti sindacali e abbiamo il dovere di denunciare l’inattivazione di precedenti delibere con le quali avrebbe dovuto prender vita l’atto aziendale, lo sblocco dei concorsi o altro ancora… come la mancanza di un primario a Psichiatria, o il mancato accreditamento da dieci anni di strutture psichiatriche, la costruzione dei nuovi ospedali e l’efficientamento di quelli già esistenti. Gravi inadempienze che vengono acuite dal dissesto finanziario dell’Asp. Ed in questo contenitore di criticità il confronto con la controparte è del tutto assente.”
La conclusione dei lavori, dopo un confronto e un dibattito con la federazione – tanti gli interventi qualificati tra i quali quello di Francesco Loschiavo, Giovanni Calogero, Emanuele Sgarlata, Saverio De Lorenzo – sono stati affidati al Segretario generale nazionale Biagio Papotto, il quale ha indicato la strada da seguire: un percorso condiviso dell’intera struttura sindacale Cisl, verticale ed orizzontale sui territori, attraverso una campagna di ascolto, che metta al centro i bisogni della comunità e dei lavoratori dell’apparato sanitario provinciale – “In tredici mesi di commissariamento non è cambiato nulla evidentemente. Si è manifestata l’incapacità di portare a realizzazione atti aziendali; ciò è sinonimo di fallimento della parte politica e manageriale della sanità provinciale. Ma è un problema che a cascata arriva da inadempienze anche nazionali. Il blocco del turn over per 10 anni, ha portato via dal comparto, circa 20000 medici pensionati non sostituiti. Si è creato un imbuto formativo, dal quale vengono fuori troppo pochi specialisti, di conseguenza ci si trova nei reparti e nelle strutture ospedaliere giovani, per quanto bravi, neo laureati ma non specializzati. Un disagio lavorativo che si manifesta quotidianamente con aggressione ai medici e infermieri, costretti anche a lavorare con una spada di Damocle sul capo, con l’obbligatorietà dell’azione penale. E molti giovani colleghi non vengono coperti dall’ assicurazione per colpa grave, e paradossalmente in taluni casi sono costretti a difendersi anche dalla propria azienda. Ma in tutto questo marasma, può esistere una via d’uscita: a mio modesto avviso è la programmazione, accompagnata da una forte riorganizzazione. Un percorso da portare avanti con le forze sociali e con una classe dirigente che pensi al bene primario della propria comunità piuttosto che a qualche rendita di potere. Occorre puntare con decisione alla costruzione di nuovi ospedali, tenendo conto delle esigenze che partono e nascono dai territori e non dalle stanze buie degli uffici della burocrazia. Capire e percepire i bisogni che geograficamente dovrebbero caratterizzare l’organizzazione della sanità. Ed infine, non certo per importanza, occorre lavorare h 24 per avvolgere le istanze territoriali. Una sanità credibile deve essere funzionante, e deve avere in ogni angolo della provincia luoghi e punti di riferimento locali che sfoltiscano code interminabili ai pronto soccorso e che di conseguenza non facciano lavorare sotto pressione i medici e addetti ai lavori in prima linea”.