Sindaci dell’area metropolitana cambino l’agenda delle priorità.

Il rapporto di Demoskopika di qualche settimana addietro, relativo alla spesa dei comuni riguardante l’assistenza alle categorie sociali più deboli è allarmante. La nota scientifica dell’istituto di rilevazione e ricerca, traccia un quadro che esige delle riflessioni.  Al netto del fatto che lo studio è stato effettuato seguendo il parametro delle “rette destinate al ricovero in strutture per anziani/minori/ soggetti portatori di handicap ed altri servizi connessi”, e quindi la spesa delle amministrazioni presa in considerazione riguarda questo segmento di intervento, c’è da fare una valutazione seria e approfondita, se, per esempio i comuni friulani spendono 63,37 euro pro capite e, la Calabria – penultima in questa rilevazione – spende appena 2,13 euro. Il dipartimento welfare di Demoskopika ha condotto la ricerca ‘abbinando’ due categorie di spesa. E proprio da questa duplice valutazione, emergono i dati più duri. Si tratta di un confronto tra risorse destinate a servizi socio-assistenziali e risorse destinate alle organizzazioni e alle manifestazioni di fiere, sagre, eventi e convegni. Nei fatti, il rapporto Demoskopika restituisce un contesto in cui i bisogni delle fasce sociali più deboli sono valutati diversamente rispetto attività di animazione territoriale. La provincia di Reggio Calabria addirittura spende mediamente 0,16 euro per le rette socio assistenziali e 1,78 euro pro capite per gli eventi. Una discrasia inaccettabile per quanto riguarda la materia di assistenza alle persone con fragilità. La situazione del welfare dell’area metropolitana di Reggio Calabria, potrebbe sintetizzarsi esclusivamente nell’analisi di questo dato.

Pertanto è indispensabile ridisegnare il rapporto fra pubblico/privato ed assistenza, per riorganizzare al meglio il sistema di protezione sociale. In questo quadro generale desolante, i sindaci del territorio metropolitano e le amministrazioni tutte, devono farsi carico di una responsabilità politica forte, con grande consapevolezza di essere parte di una metrocity con forti potenzialità ancora poco espresse, in grado di invertire un trend che, ad oggi e dalla lettura dei dati , non provvede pienamente ai diritti dei deboli. I numeri del rapporto sopra citato misurano la sproporzione con la quale vengono gestite alcune voci dei bilanci comunali. Certamente, voglio sottolineare, eventi di animazione territoriale e di approfondimento culturale sono fondamentali per i territori e per il loro sviluppo, ma non possono assumere una centralità maggiore rispetto alle politiche socio-assistenziali e alle risorse dedicate per attuarle.

C’è da evidenziare , senza dubbio, il fatto che la riforma del welfare calabrese, contemplata dalla DGR 449/2016, è stata bloccata dal TAR (sentenza del 28 maggio) per vizi procedurali, rilevati da alcuni comuni e da alcune strutture; quindi la rivoluzione del sistema dei servizi socio assistenziali, ma soprattutto quello delle politiche sociali calabresi, non può del tutto ultimarsi fino a quando non verrà sciolto questo nodo  che da settimane non permette il pieno sviluppo dell’interazione tra i diversi attori protagonisti del welfare in Calabria  (Regione, comuni, Aziende sanitarie, Terzo settore e cittadini). Dunque è in questo quadro che si incastona l ‘allarme riportato dalla stampa in questi giorni: 33 comuni calabri devono, in virtù di questo andirivieni di competenze, restituire con urgenza quanto avuto dalla regione pre-sentenza, solo così ed in attesa di sviluppi le strutture  stesse potranno  rimettersi in moto  e garantire servizi ai fruitori, e  retribuire i  lavoratori. Tutto questo ad ormai quasi anni dalla emanazione della l. 328 e della regionale l. 23. Vogliamo dire con forza, determinazione e contemporaneamente voglia di partecipare alla costruzione del   futuro del territorio che settori fondamentali necessitano di tempi politici compatibili con i bisogni reali della gente e non tempi biblici!

Il percorso di riforma previsto dalla delibera di giunta regionale, auspico, possa realizzarsi affinché il territorio e la città metropolitana diventino attori fattivi dello sviluppo che creino welfare di prossimità reale e praticato; ma contestualmente credo che, occorra che i comuni valutino attentamente l’agenda delle priorità, gestendo le risorse – anche se oggettivamente poche – secondo un paradigma di sensibilità politica che tenga conto delle vulnerabilità della collettività.  Sarebbe un segnale di credibilità, un messaggio di speranza per chi si è rassegnato alla disillusione di un ‘welfare state’ non ancora effettivamente compiuto, in Calabria e nella nostra Reggio.

 

Reggio Calabria lì 31/07/2018      La Segretaria Generale Ust Cisl Reggio Calabria

                                                                                             Rosi Perrone 

GIOVANI A REGGIO CALABRIA, ‘RESTARE’ NON DEVE ESSERE UN ATTO DI CORAGGIO

Giovani a Reggio Calabria, ‘restare’ non deve essere un atto di coraggio

 

La Calabria fa registrare un trend negativo dl punto di vista demografico, in assoluta coerenza con i dati che caratterizzano il Mezzogiorno. In questa triste analisi, condotta dall’ Università della Calabria e dal portale ‘Open Calabria’, i numeri relativi alla provincia di Reggio Calabria non sono certo in controtendenza rispetto al regresso che la popolazione del sud sta attraversando.

Un bilancio negativo nei rapporti nascite-decessi ed emigrazione-immigrazione lancia un segnale d’allarme per il futuro prossimo, per l’intera area della metrocity.

La perdita di abitanti determina, in maniera quasi fisiologica, una flessione per quanto concerne l’economia locale e soprattutto, inibisce uno spirito vivace di imprenditorialità. A farne le spese sono le aree interne e montane della provincia, ma se non si riesce ad invertire la rotta, molto presto la crisi demografica investirà i centri urbani più importanti.

Un’ emorragia demografica figlia di un ristagnamento economico, che non riesce ad essere arginato neanche con gli strumenti che la Città Metropolitana dovrebbe garantire. E’ improcrastinabile impiegare le leve che le vocazioni del territorio suggeriscono, con scelte forti e lungimiranti. I giovani reggini partono e non accettano la sfida di restare in un contesto che li priva di prospettive di futuro. Per loro, ad oggi, risulta più difficile rimanere nella propria terra piuttosto che partire, mettendo nella valigia incertezze e disagi.

Investire in turismo non può essere un’utopia per un territorio che offre tra le più importanti bellezze paesaggistiche del Paese. Senza retorica e fingimenti, occorre incentivare imprese, tour operator e istituzioni centrali per mettere in piedi un piano di sviluppo che parta dai collegamenti e dalle infrastrutture. Ci vuole la voce grossa per affrontare le sfide più importanti, quelle che riguardano il futuro della nostra terra. E al contempo, occorrono misure urgenti per contrastare l’emigrazione che ha spopolato la provincia di Reggio Calabria. Come? Intanto, cercando di catalizzare l’attenzione di investitori in grado di stimolare il tessuto imprenditoriale e commerciale del territorio, sfruttando il settore enogastronomico che ha reso i prodotti reggini tra i più ricercati al mondo. E ancora, un altro strumento virtuoso potrebbe essere caratterizzato da un pacchetto di interventi di carattere sociale e culturale. Per esempio sostenere e valorizzare la maternità (e, più in generale, la genitorialità), potrebbe risultare una scelta ambiziosa e vincente, e poi, sostenere con fondi pubblici l’imprenditoria giovanile per arginare l’emigrazionedopo il percorso scolastico, e puntare al recupero economico, sociale ed architettonico delle aree marginali abbandonate e dei centri storici, per favorire un turismo culturale robusto e soprattutto credibile, coinvolgendo gli operatori economici in progetti di co-financing.

Di questo, è capace la Metrocity?

È scontato che l’abbassamento demografico blocchi lo sviluppo basato sull’equità intergenerazionale. Le comunità reggine soffrono di uno stato d’invecchiamento avanzato, in cui le conseguenze maggiori sono avvertite proprio nei contesti economicamente deboli, caratterizzati da sistemi di welfare locale inefficienti e inefficaci, talvolta inesistenti, come nei territori della provincia.

Se i giovani emigrano, i piccoli comuni si spopolano e restano abitati prevalentemente da anziani. Tale spopolamento produce un forte disimpegno sociale ed istituzionale, contraddistinto da una riduzione dell’investimento pubblico e privato, che spesso si traduce in uno stato di abbandono e di degrado sociale ed ambientale, che causa ulteriore emigrazione. Il rischio di un lungo inverno demografico è tutt’altro che lontano.

Il dramma della migrazione rischia di trasformare tradizioni, usi e costumi di una terra che per generazioni intere, ha saputo approfittare del suo valore identitario, come dispositivo di sostentamento e addirittura, di ricchezza.